Gabriele Gravina, presidente dela FIGC, interviene nuovamente alla vigilia di quella che forse si può definire la più importante assemblea, quella di domani con il ministro Spadafora dove il calcio dovrà e deve ripartire.
Nella call di domani si discuterà della ripresa del campionato e Gravina spingerà per designare ufficialmente una data per la ripresa delle gare.
Il 13 o, più probabilmente, il 20 sono le date maggiormente indiziate, ma con Spadafora meglio non dare niente per scontato. Durante questa pandemia ci ha abituato a buone notizie per poi smentirle subito dopo.
Queste le parole di Gravina:
Se il calcio non riparte subito, ci sarà un danno irreparabile, abbiamo già perso 500 milioni di euro. Occorre difendere 100 mila lavoratori, 1,4 milioni di tesserati, 4,7 miliardi di fatturato. Ripartire vuol dire giocare. Il calcio in Italia rappresenta uno straordinario fattore sociale ed economico, un ineguagliabile generatore di entusiasmo. La sua capillare penetrazione nelle diverse Comunità della Penisola lo ha reso, nel corso degli anni, un elemento di coesione e di sviluppo, un moltiplicatore di passione e uno straordinario volano per l’economia, in grado di affascinare la quotidianità di milioni di italiani molto più di altri settori produttivi del Paese. La diffusione del contagio da Covid-19 ha stravolto le nostre vite, ha imposto cambiamenti radicali alle nostre abitudini e messo in discussione le relazioni interpersonali. Ma non ha spezzato il filo d’amore che lega il calcio all’Italia. Lo hanno dimostrato i numeri straordinari e i commenti positivi delle iniziative messe in campo dalla FIGC nel difficile periodo del lockdown, ispirate ad un senso di responsabilità sociale che la Federazione sente proprio, a maggior ragione in un momento così drammatico