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Il fallimento italiano che non avrà conseguenze

Il fallimento italiano è un film già visto in occasione dei Mondiali del 2022: ora come allora non esistono responsabili e dimissioni.

Svizzera-Italia ha sancito la fine del nostro Euro2024.

Una kermesse totalmente da dimenticare, in cui la nostra Nazionale non ha mai mostrato la capacità di fare la voce grossa e non è mai riuscita a convincere.

E chi, come lo scrivente, sperava che dopo il gol al fotofinish di Zaccagni potesse cambiare l’inerzia, è rimasto ampiamente deluso.

Possiamo, quindi, utilizzare la parola “fallimento” senza paura alcuna di sbagliare.

Un fallimento, però, che non avrà conseguenze ed a cui ci abbiamo fatto l’abitudine, ormai siamo assuefatti alla sconfitta.

Lungi dallo scrivente fare un processo all’allenatore o alla Federazione sportiva o agli stessi giocatori, ma ormai sono dal Mondiale del 2014 che, Euro2020 a parte, collezioniamo figuracce.

E da quel lontano Giugno 2014 nulla è cambiato.

La confusione di Spalletti

Durante la kermesse europea è parsa, agli occhi di molti, palese la confusione degli azzurri in campo, spesso fuori ruolo e spaesati.

Le stesse convocazioni di Spalletti, già da Maggio, avevano destato più di qualche dubbio: alzi la mano chi non avrebbe convocato esterni come Politano o Orsolini o non avrebbe dato una possibilità a Colpani, autore di una buona stagione.

Così come il modulo: alzi la mano chi non immaginava una squadra impostata con una difesa a 3 di base, invece di una difesa a 4 atipica che ha creato diverse difficoltà agli interpreti (Bastoni si esalta in uno schieramento a 3).

La squadra in 4 partite disputate non ha disputato niente che ci potessimo aspettare o immaginare.

Ma, oltre alla confusione tattica, la squadra è risultata spenta, inerme, arrendevole ed incapace di reagire a qualsiasi stimolo. Contro la Svizzera non c’è stato neanche un cenno di una reazione d’orgoglio.

Inutile propinarci la solita manfrina che alla Nazionale mancano Top player e fenomeni, ma la Svizzera ieri non ci è sembrata avere in squadra Messi e Mbappè. Possibile mai che la colpa debba essere solamente del parco giocatori?

Possiamo parlare anche di confusione e fallimento da parte dello staff tecnico, senza voler additare nessuno.

Il fallimento italiano con Gravina è un film già visto

Per Gravina, da 6 anni alla guida della Federazìone Italiana Giuoco Calcio, è un film già visto.

Già dopo la mancata qualificazione a Qatar 2022, arrivata dopo il non accesso ai mondiali del 2018,  non arrivarono le dimissione del Presidente della FIGC.

Dimissioni che non arriveranno, almeno a sentire la conferenza stampa, nemmeno dopo questo ennesimo fallimento.

Piuttosto il massimo esponente della federazione nostrana si svincola da ogni responsabilità, accusando la “presenza di norme che non favoriscono lo sviluppo del calcio nostrano (anche se ha criticato l’abolizione del Decreto Crescita)”, le società di Serie A di “non puntare sugli italiani, ma su giocatori stranieri, con poca voglia di coltivare il vivaio” e la politica che “vuol comandare il mondo del calcio dall’esterno”.

Un film già visto in passato che, oltre al solito tam tam mediatico, non ha portato a nulla.

In 6 anni Gravina non è stato capace di cambiare il nostro calcio “malato”: manca la riforma dei campionati, che prevedeva la diminuzione del numero di squadre professionistiche, mancano manovre stringenti in materia economica, manca una regola (simile alla Lega Pro ed alla Serie D) che obblighi le squadre a schierare un certo numero di giocatori nostrani.

Possiamo accettare l’obiezione che siamo l’unica nazione in Europa a non avere “italiani di seconda generazione” a disposizione, ma lì si entra in un campo che è fuori dalla legislazione della politica calcistica.

Ma qui ci vuole uno scossone ai massimi vertici e se lo stesso presidente non ha voglia di dimettersi possiamo prepararci a rivivere un film già visto: ad oggi le qualificazioni ai Mondiali del 2026 sono una chimera.

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